Dal Sole24Ore.
Il decreto correttivo varato dal Governo su Irpef e Ires interviene sul trattamento fiscale degli errori contabili prevedendo che la semplificazione si applichi solo per gli errori che in base ai principi contabili sono non rilevanti (mentre per quelli rilevanti resta la soluzione della dichiarazione integrativa). Inoltre si restringe il lasso temporale in cui si può operare la correzione, che va effettuata entro la data di chiusura dell’esercizio successivo a quello in cui i relativi elementi patrimoniali o reddituali sono stati erroneamente rilevati o avrebbero dovuto esserlo.
La norma interviene sull’attuale testo dell’articolo 83 del Tuir che era stato originariamente modificato, con l’introduzione della rilevanza fiscale degli errori contabili direttamente in bilancio, con il Dl 73/22. Così resta invariata la previsione del terzo periodo per cui per i soggetti che redigono il bilancio secondo i principi internazionali (Ias adopter) o secondo il Codice civile (Oic adopter), a eccezione delle microimprese che non hanno optato per il bilancio ordinario (o per quello abbreviato in base alle modifiche commentate nell’altro articolo), valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili. Ma vengono eliminati i due periodi successivi in forza dei quali veniva di fatto stabilita la rilevanza fiscale del processo di correzione degli errori in bilancio con l’introduzione di due vincoli, il primo relativo al fatto che i componenti negativi dovessero riguardare periodi fiscalmente aperti, il secondo che la procedura fosse comunque riservata ai soli soggetti che sottoponevano a revisione legale dei conti il bilancio.
Vediamo la modifica avvenuta con l’introduzione del comma 1-ter all’articolo 83 del Tuir. Resta ferma la condizione già esistente che il bilancio sia sottoposto a revisione legale, ma la correzione in bilancio è riservata ai soli errori non rilevanti. Quindi per quelli rilevanti permane la presentazione della dichiarazione integrativa. Ricordiamo che per stabilire la rilevanza o meno dell’errore occorre riferirsi ai principi contabili (Oic 29 e Ias 8). Tuttavia mentre prima la correzione trovava il solo limite, per i componenti negativi, dato dal fatto che il periodo d’imposta fosse ancora aperto, adesso si prevede un periodo molto più stringente. In quanto la correzione assume rilievo se effettuata entro la data di chiusura dell’esercizio successivo a quello in cui i relativi elementi patrimoniali o reddituali sono stati erroneamente rilevati o avrebbero dovuto esserlo. E in ogni caso entro la data di inizio di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’impresa abbia avuto formale conoscenza. Fuori dal limite temporale più stringente che ora è stato previsto, trova sempre spazio la dichiarazione integrativa.
Viene poi abrogato il comma 1-bis dell’articolo 8 del Dl 73/22 che riguardava la rilevanza ai fini Irap della correzione degli errori contabili. Ma ciò per il semplice fatto che tale rilevanza viene riformulata ad hoc.
Nel terzo Decreto correttivo varato dal Consiglio dei Ministri, si è dunque puntato sulle semplificazioni, con più risposte in termini di semplificazioni che di fatto colmano i vuoti lasciati dal decreto Irpef Ires (Dl 192) dello scorso autunno (si rinvia per ulteriori dettagli agli approfondimenti nelle pagine di Norme & Tributi). Da un lato, infatti, la possibilità della cosiddetta «derivazione rafforzata», ossia il calcolo delle imposte in base ai dati di bilancio, viene estesa anche alle microimprese con rendiconto in forma abbreviata. Dall’altra, c’è il tentativo di dare un confine meno incerto agli operatori per la correzione degli errori contabili, che consente di effettuare ritocchi con impatto non rilevanti direttamente in bilancio senza dover passare da una dichiarazione dei redditi integrativa. Con un rinvio ai principi contabili di riferimento (Oic per quelli nazionali e Ias per quelli internazionali) e con i paletti temporali per la correzione per cui non si può andare oltre la chiusura dell’esercizio successivo a quello in cui sono stati rilevati o avrebbero dovuto esserlo e in ogni caso con la strada sbarrata nel caso in cui l’impresa abbia avuto formale conoscenza o risultino avviati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento relativi alle voci oggetto di correzione. Il tentativo, insomma, è quello di sburocratizzare e rendere più veloci queste procedure.
Nel decreto correttivo figurano, però, anche altri aggiustamenti su aree già toccate dai provvedimenti attuativi della delega fiscale. Ad esempio, il rapporto tra fisco e contribuenti. Nelle sue varie fasi. In quella del dialogo preventivo, sull’istanza di interpello, che la riforma punta a scremare attraverso la banca dati (ancora in costruzione) delle risposte precedenti e la tassa d’ingresso per la presentazione delle domande, il correttivo prevede che la richiesta sarà inammissibile se la banca dati non dà il via libera alla presentazione, ma, in ogni caso, il contribuente può dimostrare che la risposta ricevuta non fornisce una soluzione univoca al quesito formulato.
Per il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo questo nuovo provvedimento «Rappresenta un importante riordino complessivo di una materia su cui sono intervenute, dal 1973, anno di entrata in vigore del tributo, ad oggi, più di 500 modifiche. Un intervento fino ad oggi solo ipotizzato ma mai portato a termine. Con questi provvedimenti il Governo conferma il proprio impegno nella costruzione di un sistema tributario moderno, orientato alla compliance e alla competitività».