Cessione d’azienda: la cassazione fa chiarezza sulla riqualificazione


Sul sole24Ore Norme e Tributi Plus un approfondimento sulla sentenza della Cassazione in merito alle riqualificazioni nella cessione d’azienda.

L’avviso di liquidazione con cui l’amministrazione riqualifica in cessione di azienda una pluralità di atti deve essere emesso entro tre anni dalla registrazione dell’ultimo atto e non nel più lungo termine di due anni decorrenti dalla riqualificazione dell’ufficio. A fornire questa interpretazione è la Cassazione con la sentenza 19865/2021 del 13 luglio.

Un ufficio riqualificava un conferimento di ramo di azienda, una successiva cessione della partecipazione totalitaria e la fusione delle società interessate, in cessione di azienda liquidando l’imposta di registro in misura proporzionale.

I contribuenti contestavano la decadenza del potere di rettifica essendo stata eseguita successivamente ai tre anni dalla registrazione dell’ultimo atto

La Ctp e la Ctr confermavano l’illegittimità dell’atto e quindi l’Agenzia ricorreva in cassazione sostenendo, in estrema sintesi, l’applicabilità del termine biennale (articolo 76, comma 1-bis, del Tur) di decadenza decorrente dal giorno della riqualificazione degli atti da parte dell’Ufficio e non il più breve termine triennale (a partire dalla registrazione dell’ultimo atto). I giudici di legittimità hanno confermato la decadenza del potere di rettifica rilevando che nella specie trova applicazione il termine triennale e non quello biennale (successivo alla riqualificazione) invocato dall’Agenzia.

Secondo la Cassazione l’interpretazione del fisco non ha alcun fondamento giuridico e travisa la ratio del comma 1-bis dell’articolo 76 del Tur trasformandolo da norma a tutela del contribuente, in norma a favore del fisco.

Sempre la Suprema corte con un’altra sentenza (19866) ha ribadito che si realizza una cessione di azienda e non di singoli beni ove gli stessi nel loro complesso siano potenzialmente utilizzabili per l’attività produttiva non risultando rilevante l’attuale esercizio dell’impresa.

Nella vicenda, secondo l’Ufficio mediante un conferimento di azienda di un compendio immobiliare, una contribuente aveva in realtà conferito i soli immobili. Ciò in quanto l’interessata al tempo non svolgeva alcuna attività di impresa. La Cassazione ha ritenuto illegittimo l’atto in quanto gli immobili in questione erano potenzialmente utilizzabili per l’attività produttiva.

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