Su Italiaoggi la posizione dell’inrl sulle novità nel codice della crisi d’impresa e una lucida analisi sulle condizioni necessarie per una vera ripartenza delle aziende


E’ sempre più preoccupante l’evoluzione impressa alla crisi d’impresa ed allo strumento della composizione negoziata. Ed infatti i vertici Inrl esprimono forti perplessità riguardo il testo del Regolamento recante disposizioni sul funzionamento dell’albo gestori crisi d’impresa. Sembrerebbe che il già menzionato regolamento non tenga, per niente, conto di tutte le modifiche apportate, dallo schema di decreto legislativo, con le modifiche al Codice della crisi in attuazione della Direttiva “Insolvency”, recentemente approvata in via definitiva. Infatti, tale ultima Direttiva ha completamente stravolto l’intero assetto delle procedure di allerta disciplinate nell’originaria versione del Codice (ovviamente ulteriori problematiche e difficoltà nello svolgimento di tale complesso lavoro). L’istituto esprime anche dubbi sull’istituzione del nuovo albo e sui criteri di iscrizione allo stesso nonché sugli ulteriori costi che gli stessi professionisti dovrebbero sostenere.

Come detto, oramai le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, gestite dall’OCRI, sono state integralmente sostituite con la composizione negoziata della crisi, dove l’OCRI scompare ed emerge l’esclusivo ruolo dell’esperto terzo e indipendente nominato dalla Camera di commercio.

Da qui le perplessità dell’istituto sul fatto che il “nuovo Albo sia suddiviso in due sezioni, di cui una dedicata ai componenti degli OCRI, quindi in completo contrasto con lo stesso Regolamento.

“Personalmente – ha esplicitamente dichiarato il Presidente Inrl Ciro Monetta – condivido pienamente quanto già espresso dal presidente del CNDCEC, Elbano De Nuccio, ed in particolare: anziché l’istituzione di un nuovo albo, la creazione di un elenco, anche in virtù di quanto previsto nella Direttiva (UE) 2019/1023. E questo perché un ulteriore albo risulterebbe inutile – oltre che costoso. Così come concordo con l’auspicio che per l’adeguamento delle disposizioni del CCII e dei suoi regolamenti attuativi, al mutato contesto economico e sociale generato dalla pressante crisi provocata dal Covid-19 e da ultimo dal conflitto in Ucraina, il Governo avvii, al più presto, tavoli di costruttivo confronto e di collaborazione con tutti i rappresentanti delle professioni interessate al fine di rivedere le previsioni per l’istituzione dell’albo unico nonché i criteri di accesso e la relativa formazione obbligatoria”.

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L’ANALISI

Imprese e ripartenza: la metà del guado e la vera sfida è nella affidabilità e stabilità dello Stato

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­di Luigi Giuseppe Esposito – coordinatore Commissione Inrl Terzo Settore

Come nei tempi di guerra, anche all’epoca della pandemia e, da ultimo, del conflitto russo-ucraino, si è distinta un’Italia imprenditrice che tiene duro. Il dato emerge dalla pentamestrale sulle entrate erariali, che ci consegna anche altri chiari messaggi.

Il giorno 5 del mese corrente, il Mef ha diramato i numeri precisi del gettito fiscale dei primi cinque mesi del 2022, ovvero: 188.674 milioni di euro di entrate tributarie erariali nei mesi di gennaio- maggio 2022, con un incremento di 18.562 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+10,9%). Più in dettaglio, le imposte dirette evidenziano un +5,7% rispetto allo scorso anno, e ciò, nonostante il -6,9% delle entrate Ires poiché compensato ampiamente dal + 2,3% di Irpef. Mentre le imposte indirette mostrano un +16,9%, trainato da un +19,8% di gettito di Iva.

Uno spaccato sintetico ma molto chiaro. Quanto all’Irpef, l’incremento maggiore è rappresentato dal surplus di ritenute sui dipendenti versate dalle imprese private, + 1.413 milioni di euro (+3,9%). Crescono le ritenute sui bonifici effettuati su pagamenti connessi ad oneri deducibili e spese con detrazione di imposta. Sono in calo anche i versamenti Irpef in autoliquidazione, in controtendenza come l’Ires, e per le stesse ragioni critiche.

Nel complesso, emerge un quadro dinamico positivo, che offre spunti di riflessione interessanti. Le imprese italiane, spesso riprese per le loro dimensioni contenute di fronte ai colleghi oltralpe, pur soffrendo molto, rispondono, al momento, con estrema dignità. Ne è riprova il dato del versamento delle ritenute Irpef sui dipendenti.

La nostra nazione è reduce dalla vicenda pandemica, ad essa si è sommata la guerra che si combatte in Ucraina ma il cui vero campo di battaglia è rappresentato dagli equilibri o disequilibri geopolitici internazionali. Se non bastasse, tutto accade mentre incombe in tutta la sua potenza il gravissimo problema delle evoluzioni climatiche mondiali, una questione che sovrasta di gran lunga su tutto. Un mutamento che mette in ginocchio l’attuale equilibrio internazionale sulla gestione delle fonti energetiche, provocando una crisi di funzionamento degli attuali sistemi socio- economici basati su assunti climatici ormai superati. E’ in questa ragnatela fitta di criticità che si muove il nostro sistema delle imprese, policromo e multidimensionale.

Nel frattempo, neanche con piena consapevolezza, spuntano due impulsi, l’Ecobonus e il PNRR, che appaiono come spiragli preziosi, anche per l’eco propagante che hanno avuto e per quanto sono stati cavalcati.

Il primo, una detrazione del 110% sui lavori di ristrutturazione e riqualificazione energetica di case private e condomini, indiscutibilmente entusiasmante sul piano della spinta al mondo dell’edilizia sempre decisiva in Italia. Il secondo, il PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza, un programma varato dal governo italiano per indicare la direzione dei fondi Next generation Eu.

In uno scenario di questo genere, che vede un sistema produttivo impegnato a riprendersi ma ancora sofferente ed in balìa degli                eventi, uno scenario in cui si parla quasi di rinascita per i tempi lunghi e duri non del tutto valicati, quale deve essere l’apporto della macchina politi a e istituzionale? e quale la placenta in cui questo sistema articolato deve essere protetto per rimettere in forza i suoi organi vitali?

La prima cosa è la “stabilità”, e non appaia banale perché non se ne ricordano le fattezze.

Tale stabilità non è auspicata sul piano soggettivo, ovvero un quadro politico-governativo che non appaia traballare in continuazione nei contrasti di vedute, ma ancor prima sul piano squisitamente esecutivo ed attuativo, sulla continuità nei progetti di politica economica nazionale.

Il più grande pericolo per un operatore economico non è dato dal fisiologico rischio di impresa, bensì dal rischio di progettare il proprio futuro puntando su programmi che non controlla direttamente.

A dire il vero, oggi più che mai, sembra spuntare un rischio paradossale: quello di fare affidamento sui grandi progetti dello Stato, anche quello comunitario. Il discorso diventa quale è l’affidabilità dello Stato, lo Stato quale interlocutore o partner con la forza di un committente determinante, oggi con le sembianze di un monopolista per lo stato di emergenza delle imprese, un committente che senza alcun dubbio può farti tanto bene ma anche tanto male.

Il nostro sistema economico, per quanto dotato di elasticità e flessibilità poiché costituito da piccole e medie imprese, per la stessa medesima ragione, per l’interdipendenza tra esse, in momenti particolari diventa una specie di monolite, sembra una contraddizione ma non lo è affatto.

In questo momento, i grandi progetti di ripresa sorreggono la spina dorsale del monolite, anche emozionalmente per le loro dimensioni; il credito di imposta, con i suoi mille rivoli aperti, di dimensioni forse mai attuate, ne è un vero e proprio emblema.

E così, il rischio trascende e diventa che sia proprio lo Stato, più che in altri periodi, a poter decretare un cedimento. E, di certo, non è un ragionamento per deresponsabilizzare le imprese che dovranno prendere con grande attenzione le proprie decisioni. E’ semplicemente una riflessione che si condivide nella urgente necessità che ci si concentri e si vada avanti più che mai uniti, convogliando gli sforzi e le risorse. Andare avanti uniti, Stato e sistema produttivo, significa convergere sugli obiettivi prioritari, poggiando mattoncino su mattoncino, e vi è un obiettivo al di sopra di tutto, lo ripetiamo: l’attuazione di tutte le politiche necessarie per salvare l’ambiente, questa deve essere la cartina di tornasole, se vi è come dovrebbe essere, e come certamente è, la piena eticità dietro le scelte che ricadono su un paese, direi un mondo. Se dietro di esse vi è il riguardo costante per le nuove generazioni: i nostri figli e i figli dei nostri figli.

Si può aggiungere che, provvidenzialmente, almeno appare così agli occhi di chi crede in certe logiche, l’Italia si è incamminata soprattutto su due macro-progetti, Ecobonus e PNRR, il cui primo obiettivo è di fatto la salvaguardia dell’ambiente, il processo obbligato su cui non possiamo regredire; e così, nonostante i rischi collaterali, diventa un’equazione con un risultato plurimo: se attraverso la spinta concentrica di tali progetti, facendo girare l’economia, si lavora senza sosta per creare condizioni socio-ambientali compatibili con un riequilibrio dell’ecosistema, si è senza alcun dubbio sulla buona strada. In ciò, tralasciamo, e solo perché è                 piuttosto noto, di essere in uno stato talmente avanzato, per esempio sull’Ecobonus, che si rende oltremodo improbabile fare deviazioni troppo decise, il sistema, per volontà generalizzate, ha un’inerzia tale su questa rotta che non si fermerebbe senza essere travolto da grandi danni non potendosi fermare a metà del guado.

Pertanto, ci si deve augurare che la stabilità sia rappresentata principalmente dalla capacità di tenere la barra dritta sui programmi, sorreggendo chi barcolla, salvando e stimolando posti di lavoro, dando linfa alle famiglie, mentre le imprese continueranno a pagare le ritenute sui dipendenti allo stato e così andremo avanti. Resta il cammino di risposta all’aumento dei prezzi che, di certo, perché sia realmente efficace, dovrà essere meno estemporaneo della parziale restituzione dei fondi prelevati “in anticipo” alle famiglie con l’aumento dei prezzi, azioni e reazioni accettabili ma certamente non risolutive, questo, però, è un altro capitolo.

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