Crisi d’impresa: nella composizione negoziata veto alle banche di chiudere la posizione creditoria


Sul Sole24Ore una dettagliata disamina di una sentenza del Tribunale di Parma.

Con la composizione negoziata può essere concessa la misura cautelare atipica della sospensione di contratti bancari di affidamento e di finanziamento su fatture con divieto di estinguere la posizione creditoria, se la cautela richiesta è strumentale alle trattative, al risanamento e di riflesso alla tutela dei creditori. Rispetto a questi obiettivi è infatti recessivo l’interesse particolare del singolo istituto di credito rispetto alla ristrutturazione del debito, alla tutela della continuità dell’impresa e alle prerogative del ceto creditorio.

A questa soluzione giunge il Tribunale di Parma (10 luglio 2022 estensore Vernizzi) nel vigore del Dl 118/2021. Il ricorrente aveva richiesto la conferma delle misure protettive sulla base di un progetto di piano che aveva trovato puntuali riscontri negli incontri tra esperto e debitore, a testimonianza dell’impegno e della serietà del tentativo di ristrutturazione. In quest’ottica, l’esperto aveva formulato una prognosi di reversibilità della crisi e aveva confermato al tribunale che il tentativo non aveva finalità meramente dilatorie.

Il giudice ha aderito alla tesi della necessaria generalizzazione del blocco delle azioni esecutive: in motivazione si legge che le trattative risulterebbero infatti inevitabilmente pregiudicate se i creditori potessero agire individualmente nei confronti della società. In tal modo infatti si precluderebbe il risanamento per la minaccia di iniziative esecutive; sarebbe impossibile poi selezionare i singoli creditori interessati dal divieto nella parentesi giurisdizionale del procedimento (così anche Tribunale di Salerno 9 maggio 2022).

Il ricorrente ha richiesto contestualmente la sospensione dei contratti di affidamento anticipo fatture e il conseguente divieto dell’istituto di credito di estinguere la posizione.

Si tratta delle cosiddette misure cautelari atipiche che l’esperto aveva indicato meritevoli di accoglimento perché eventuali operazioni di rientro dell’esposizione altererebbero la base dati del piano in corso di elaborazione che prevedeva il divieto di compensazione delle linee autoliquidanti. La cautela si rendeva utile anche per la conduzione delle trattative con il ceto bancario, potenzialmente condizionate dalla minaccia di un rientro delle esposizioni. Il tribunale ha accolto la richiesta confermando le misure protettive e le misure cautelari per 120 giorni emanando il divieto di estinzione degli affidamenti e dei finanziamenti in corso.

Il provvedimento appare rilevante perché il divieto di revocare gli affidamenti è già previsto espressamente dall’articolo 4 Dl 118/2021 (ora articolo 16 comma 5 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Ccii). La disposizione stabilisce che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisca di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.

Tuttavia, le banche non hanno l’obbligo di motivare il recesso dalle linee di finanziamento in corso e risulterebbe assai complesso contrastare un’eventuale interruzione delle facilitazioni di credito successive alla composizione negoziata.

Una simile iniziativa, sarebbe di per sé spesso catastrofica per la continuità perché la delicata situazione finanziaria del debitore ne risulterebbe compromessa. Resta da comprendere come il divieto si concili con il principio generale del divieto di imporre l’erogazione del credito e con la normativa di vigilanza che impone di valutare il merito creditizio: forse non a caso il nuovo articolo 16 comma 5 del Ccii ammette la revoca degli affidamenti se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con una comunicazione dell’istituto che deve dare conto delle ragioni della decisione assunta.

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