Su Italiaoggi i successi dell’alta formazione dell’Inrl e l’intervista a Federico Maurizio D’Andrea presidente di organismi di vigilanza di grandi aziende


Entra nel vivo il programma di alta formazione dell’Inrl che ha calendarizzato lezioni, con cadenza quindicinale, fino al prossimo giugno. L’iniziativa, che ha riscosso un crescente successo di adesioni,  rappresenta uno dei punti di forza dell’istituto e si avvale di docenze d’eccellenza di comprovata esperienza quali il professor Riccardo Bauer che proprio oggi terrà una lezione sulla revisione interna nell’ambito del sistema di controllo interno con gestione dei rischi, la docente Anna Maria Ruggieri che tratterà temi di scottante attualità quali l’indipendenza e obiettività del revisore ed in una successiva lezione lo ‘scetticismo professionale’ e l’approccio al rischio; a fine maggio sarà la volta del professor Roberto Belotti che si soffermerà sulla documentazione e archiviazione del lavoro di revisione; e del professor Massimiliano Annetta che affronterà il tema della responsabilità amministrativa degli enti e l’organismo di vigilanza. A chiudere poi la sessione di lezioni a fine giugno sarà il professor Giuseppe Torluccio che tratterà le tecniche di valutazione degli investimenti. Per i due responsabili dell’area formativa dell’istituto, Camilla Rubega e Claudio Rasìa:  “Quest’anno il programma è stato studiato rivolgendo una particolare attenzione alle tematiche di stringente attualità e rappresenta un prezioso strumento di aggiornamento professionale per tutti i revisori legali proprio per i suoi contenuti. Una qualità di docenze e di temi premiata da un volume di adesioni e iscrizioni che è andato oltre le nostre aspettative.” Mentre sta proseguendo con successo il corso online di preparazione e di avvicinamento all’esame di abilitazione professionale per revisori legali, sempre promosso dall’Inrl: 52 ore di formazione ripartite in un modulo di revisione, in collaborazione con Nexia-Audirevi, un modulo di  contabilità ed uno di diritto. 

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INTERVISTA

Per Federico D’Andrea il controllo delle attività economiche       è un dovere costituzionale e un’opportunità di crescita

Nel prossimo numero, di imminente uscita del bimestrale dell’istituto,  Il Giornale del Revisore, trova ampio spazio e meritato risalto una intervista a Federico Maurizio D’Andrea, professionista di primo piano nel mondo economico italiano, che attualmente ricopre incarichi di presidente degli organismi di sorveglianza di Leonardo, di Telsy SpA, del Banco BPM e di Metropolitana-Milano, con un lusinghiero passato nel pool di Francesco Saverio Borrelli all’epoca di ‘mani pulite’ e manager  esperto di audit e controllo interno Telecom Italia.

Tra i passaggi più significativi dell’intervista, rilasciata nel corso di un incontro avvenuto a Milano insieme alla delegata provinciale dell’Inrl per Monza-Brianza Simona Pastorino, una profonda riflessione sul concetto di ‘controllo’ contabile e non solo in tutte le imprese italiane:

“Purtroppo il controllo in Italia è ancora visto in tutte le imprese, pmi e gruppi, come ‘altro’,  un – ‘a latere’  rispetto all’attività aziendale. Ebbene a mio avviso se non si ‘smina’ questo problema e non si capisce che l’azienda è una unità dove certamente c’è business, ma al tempo stesso c’è un business ‘controllato’ visto come parte integrante dell’attività aziendale, noi non riusciremo mai a fare quel salto di qualità che è indispensabile; purtroppo siamo ancora molto lontani. Certamente, però, non siamo proprio all’anno zero perché fortunatamente le giovani imprese hanno cominciato a capire l’importanza del controllo. Le giovani e nuove generazioni imprenditoriali sono molto più attente a questi temi. Certo è che c’è molto da fare perché in Italia si riscontra un substrato culturale che induce a pensare che gli amministratori delegati, in generale, siano quelli preposti a fare business, come se tutta l’azienda si identificasse in coloro che ricoprono incarichi nel settore commerciale.  L’amministratore delegato è una figura ben più ampia, a tutto tondo, che deve occuparsi dei vari ambiti che consentono di presidiare il mercato e quindi fare anche profitti, non soltanto aziendali ma anche riferiti all’ambiente che circonda l’impresa, al sociale inteso come impatto nella comunità dove l’azienda opera. E questo perché l’azienda non è soltanto profitto, bensì è la capacità di stare sul mercato. E non è un caso che il Codice Civile, n,2086, parla di ‘continuità dell’azienda nel tempo e dell’adeguatezza degli assetti organizzativi’ perché l’impresa è una entità che deve stare sul mercato nel tempo. In altre parole – sottolinea esplicitamente D’Andrea – gli amministratori delegati ‘mordi e fuggi’ che operano solo sull’immediato perché per  il futuro poi si vedrà…Così come quegli amministratori delegati che fanno piani quinquennali o decennali che loro mai vedranno realizzarsi sono degli esempi negativi, deleteri.”

E sul fatto che i giovani imprenditori italiani siano proiettati sulla sostenibilità, ha indotto D’Andrea ad un’altra riflessione: “Attenzione però perché quando si parla di sostenibilità, di ESG, si parla giustamente ma parzialmente di sostenibilità ambientale, quando – al contrario – c’è anche la parte che riguarda la sostenibilità sociale e la governance. L’ESG è infatti un concetto ben più ampio e se noi abbiniamo impresa e sostenibilità, parliamo sostanzialmente della continuità dell’azienda nel tempo. In altre parole sostenibilità e continuità sono due temi che oggi più di ieri devono coniugarsi e coesistere in ogni impresa. Due modi di concepire l’azienda che devono andare di pari passo. Perchè altrimenti tutto si stratifica sui singoli temi e si perde di vista l’insieme.”

D’Andrea poi si è soffermato a delineare quello che, secondo il suo pensiero, deve essere il ruolo di un professionista come il revisore legale al fianco delle imprese:

“Chi se non i revisori legali, oggi più di ieri,  possono essere davvero i protagonisti di un profondo cambiamento nella gestione delle imprese, partendo da un concetto basilare: il controllore deve essere visto come un ‘tutore’, e non ‘percepito’ come un poliziotto o come un avversario. Quello che io definisco ‘sano controllore’ è colui il quale ‘disturba’ il manovratore, ma questa azione di disturbo viene compiuta in senso positivo, una sorta di ‘grillo parlante’ che non deve contrapporsi all’amministratore, ma deve esprimere con trasparenza agli organi di gestione quelli che sono i rischi, i pericoli che l’azienda può incontrare nella sua attività; e tutto questo per aiutare l’impresa. Ed io sono certo che il ‘business sano’ vale molto di più del ‘business insano’, semplicemente perché è fattibile esattamente come quello malsano. Se noi insegniamo a fare questo tipo di business costruttivo, credo che il mercato alla lunga premia certi virtuosi percorsi. In altre parole il revisore è a tutela della sanità dell’impresa. In tale ottica l’advisor, il componente del collegio sindacale così come il componente dell’organo di sorveglianza, non devono mai perdere di vista le loro funzioni. In Italia noi abbiamo una specifica regolamentazione sui controllori, ma abbiamo una acclarata scarsità nei controlli veri e propri. Il cosiddetto ‘controllo da caffè’ deprime l’impresa e fa del male al controllato in generale.”  

Ed anche in merito alla recente proposta passata in Commissione alla Camera sui limiti della responsabilità dei collegi sindacali, la risposta di D’Andrea è stata fin troppo esplicita: “Credo che sia un approccio corretto, che vada compiuto questo passo ma al tempo stesso che vada studiato bene… Francamente, però,  non capisco i toni trionfalistici usati da taluni rappresentanti del mondo ordinistico e  professionali. Non mi esalterei rispetto a questa proposta accolta dal Parlamento. E questo perché il ragionamento che deve fare un professionista è quello di accettare una responsabilità a fronte di un adeguato compenso, in odo che venga  giudicato per quello che fa. A chi dichiara di aver vinto rispondo che qui non si vince nulla. O meglio, noi vinciamo se la nostra attività professionale di controllo favorisce la crescita di una impresa sana.”

E illuminante risulta la parte finale dell’intervista nella quale D’Andrea ha voluto enfatizzare il valore degli organismi di sorveglianza nelle imprese  osservando che  “Una delle carenze normative più rilevanti in Italia è quella di non aver reso obbligatorio l’organismo di sorveglianza e di non aver richiesto preparazioni adeguate a chi deve poi farne parte. Ecco perchè dico che noi viviamo ancora in un contesto dove l’attività di controllo viene vista a latere, come una mera funzione e laddove non c’è obbligo ne faccio volentieri a meno. Ricordo però che c’è l’articolo 41 della nostra Costituzione, la più bella del mondo, che richiama esplicitamente il controllo delle attività economiche e recita: “L’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali…”

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