La proposta della Commissione UE sulla reportistica di sostenibilità: meno obblighi ma più incognite


Dal Sole24Ore/Norme&Tributi

Il 26 febbraio 2025 segna una svolta cruciale per l’industria europea: la Commissione von der Leyen II insieme al Clean Industrial Deal ha presentato il Pacchetto Omnibus con la semplificazione di alcuni obblighi di compliance. Uno degli obiettivi principali delle misure – che dovranno essere approvate da Europarlamento e Consiglio Ue – è quello di tutelare le Pmi. Queste ultime, anche ove non direttamente tenute alla rendicontazione, sono destinatarie delle richieste di informazioni non finanziarie da parte delle grandi aziende o istituzioni finanziarie nelle cui catene del valore sono integrate.


Meno oneri di filiera

Quanto alla Csddd si riducono gli oneri di verifica sulla filiera, proponendo che le aziende non debbano più condurre valutazioni approfondite su tutti i partner, ma solo su quelli diretti o quando esistano informazioni plausibili su potenziali impatti negativi. Non solo. Bruxelles propone che gli intervalli tra le valutazioni periodiche siano drasticamente ridotti da una volta all’anno a una volta ogni cinque anni; che sia eliminato l’obbligo di interrompere i rapporti con partner non conformi; che le aziende soggette alla Csddd possano richiedere dati ai partner solo se necessari e non ottenibili in altro modo; che le condizioni per la responsabilità civile siano regolate dai singoli Stati membri e non più armonizzate a livello Ue e che i piani di transizione per la mitigazione climatica seguano le stesse regole previste dalla Csrd…

Le novità per la tassonomia Ue

In materia di tassonomia Ue (vale a dire creare il sistema di classificazione europea che individua gli obiettivi ambientali ai fini dell’investimento), si propone di rendere meramente volontario il reporting per le aziende che rientreranno nel futuro ambito di applicazione della Csrd (grandi imprese con più di 1.000 dipendenti) ma con un fatturato netto fino a 450 milioni, di dare alle aziende già attive, ma allineate solo in parte ai requisiti della tassonomia Ue, la possibilità di dichiarare anche solo l’allineamento parziale alla tassonomia, per valorizzare i progressi fatti verso la sostenibilità. Sono sottoposte a consultazione proposte di emendamenti all’Atto delegato sulle disclosures della tassonomia e agli Atti delegati sul clima e l’ambiente volte a raggiungere una semplificazione di quali il 70% a livello di punti dati relativi ai modelli di rendicontazione. Si propone l’esenzione dalla valutazione dell’allineamento tassonomico per attività non finanziariamente rilevanti (meno del 10% del fatturato o degli asset) e la revisione dell’indicatore Gar (“Green asset ratio”) per le banche, che potranno escludere dal calcolo le imprese non soggette alla Csrd.

Le modifiche al Cbam

Quanto al Cbam (vale a dire gli obblighi di reportistica sul volume delle importazioni delle aziende e delle emissioni di CO2 legate alle produzioni dei beni fatti arrivare nel Vecchio Continente) le modifiche proposte esentano gli importatori di piccole quantità (principalmente Pmi e individui) introducendo una soglia cumulativa annua di 50 tonnellate, eliminando così gli obblighi per circa 182.000 importatori (90% del totale), pur coprendo oltre il 99% delle emissioni incluse nel meccanismo e prevedono una semplificazione nelle procedure di calcolo delle emissioni, nelle autorizzazione dei dichiaranti, nei requisiti di rendicontazione e nella responsabilità finanziaria. Si prevede un rafforzamento per prevenire elusioni e abusi, in vista di una futura estensione a nuovi settori Ets e prodotti a valle.

Le possibili ricadute

Non mancano tuttavia i punti di attenzione. Semplificazioni e rinvii potrebbero causare una battuta d’arresto sulla comunicazione in termini ambientali e sociali e creare asimmetrie e disomogeneità informative che potrebbero affievolire il controllo su pratiche non sostenibili, aumentare il rischio di greenwashing e ridurre la leggibilità dei dati anche da parte degli investitori. Potrebbe inoltre creare incertezza normativa e conseguente difficoltà per le imprese a tracciare la propria traiettoria sostenibile, oltre a un atteggiamento attendista dei legislatori dei Paesi Ue. Sono ben diciassette, infatti, quelli che non hanno recepito la normativa e verso i quali nel 2024 la Commissione ha avviato procedure di infrazione.

Differenza di strategie tra Ue e Usa

Nondimeno gli sviluppi oltreoceano evidenziano l’importanza di un quadro normativo solido per guidare la finanza verso obiettivi sostenibili e trasparenti. Basti pensare che mentre l’Europa si impegna a semplificare le normative per bilanciare sostenibilità e competitività attraverso riforme strutturali, negli Stati Uniti Trump ha firmato degli ordini esecutivi per l’uscita dagli Accordi di Parigi del 2015 sul clima e per smantellare i programmi di diversity & inclusion, avanzati dall’amministrazione Biden, in tutti i contesti federali. Last but not least, il presidente degli Stati Uniti e la first lady hanno lanciato due “meme coin”, denominate rispettivamente $TRUMP e $MELANIA, la cui quasi totalità (rispettivamente l’80% e l’85%) è detenuta da entità affiliate alla famiglia Trump, sollevando interrogativi anche su potenziali conflitti di interesse e sulla stabilità di tali investimenti.

Questa differenza di strategie tra i due grandi blocchi del mondo occidentale non può non sollevare domande sulla direzione futura della finanza sostenibile e sulla necessità di regolamentazioni adeguate per proteggere gli investitori e garantire la trasparenza del mercato.

Platea ridotta per la Csrd

La proposta mira a ridurre gli oneri burocratici e i relativi costi. Si propone il rinvio degli obblighi di informativa previsti dalla Csrd per le società che devono presentare le relazioni nel 2026 e nel 2027 (le cosiddette società della seconda e terza ondata) e il rinvio al 2028 del termine di recepimento e la prima ondata di applicazione della Csddd (sui doveri di diligenza in materia di sostenibilità), in modo da dare più tempo alle aziende, nonché la riduzione dell’ambito di applicazione di tali obblighi e la loro semplificazione. Quanto alla Csrd, il novero delle aziende obbligate a rendicontare l’impatto delle attività dell’impresa sulle persone e sull’ambiente e come le questioni di sostenibilità incidano sull’impresa medesima (prospettiva inside-out o doppia materialità) viene significativamente ridotto alle sole imprese con più di 1.000 dipendenti e che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri: fatturato superiore a 50 milioni di euro o totale di bilancio superiore a 25 milioni, escludendo circa l’80% delle aziende oggi coinvolte e allineando la soglia a quella prevista dalla Csddd. Per le aziende escluse (sotto ai 1.000 dipendenti) viene introdotto uno standard di rendicontazione volontario, basato sullo standard volontario per le Pmi (Vsme) sviluppato da Efrag, che limiterà le nformazioni che aziende e banche potranno richiedere alle imprese più piccole nelle loro catene del valore. Inoltre, si propone la revisione degli standard Ue di rendicontazione (Esrs) per ridurre il numero di dati richiesti, migliorare la coerenza con altre normative e semplificare le disposizioni poco chiare, nonché l’eliminazione degli standard settoriali obbligatori e l’obbligo di passare da un requisito di “limited assurance” a uno di “reasonable assurance”.

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