Dal Sole24Ore.
Per l’accesso al concordato semplificato non è sufficiente che l’esperto attesti correttezza e buona fede delle trattative; deve invece illustrare come ha svolto in concreto il proprio incarico, lo sviluppo dei negoziati e l’atteggiamento di ciascuna delle parti, e spiegare – in coerenza con le sue precedenti relazioni e pareri – per quali ragioni le trattative siano naufragate.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto il Tribunale di Bologna in un decreto del 18 marzo 2025 (presidente e relatore Atzori).
Le regole
Quando la composizione negoziata non ha uno sbocco favorevole, l’articolo 25-sexies del Codice della crisi consente al debitore proporre il concordato semplificato liquidatorio, che può essere omologato dal tribunale senza il voto dei creditori.
Le condizioni per accedere a tale soluzione (a tutti gli effetti un concordato coattivo) sono due, entrambe validate dall’esperto, il quale nella relazione finale deve attestare:
che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede;
che non sono praticabili le soluzioni “tipiche” previste dal Codice (articolo 23) ossia: il contratto per la continuità almeno biennale, la convenzione di moratoria, l’accordo di risanamento (con effetto di esenzione dalle revocatorie), il piano attestato o l’accordo di ristrutturazione.