Dal Sole24Ore.
Il curatore deve vagliare scrupolosamente gli elementi a propria disposizione e attivarsi con puntuali indagini per accertare e documentare – nelle proprie relazioni – gli elementi posti alla base di eventuali ipotesi di responsabilità civili e penali a carico dei sindaci.
I sindaci continuano infatti a rispondere illimitatamente per i comportamenti dolosi anche dopo che la legge 35/2025, modificando l’articolo 2407 del Codice civile, ha introdotto un tetto alla responsabilità limitando il danno risarcibile a un multiplo dei compensi annui, tranne quando i sindaci «hanno agito con dolo».
Di qui l’esigenza di circoscrivere con precisione i casi in cui tale dolo sia ravvisabile, soprattutto in presenza di comportamenti omissivi. Fatti salvi casi rarissimi, alla luce dei criteri dettati dalle sezioni unite della Cassazione nella sentenza Thyssenkrupp (la 38343/2014) va escluso che eventuali carenze nei controlli possano integrare il dolo eventuale.
Il nuovo regime di responsabilità dei sindaci rischia però di aumentare i casi in cui i curatori, ignorando i criteri dettati dalle Sezioni unite, qualificano come dolose condotte che non lo sono al fine di aggirare il tetto alla responsabilità. È già successo che alcuni “campanelli d’allarme” (come ad esempio omessi versamenti) siano stati considerati come una sorta di accettazione del rischio da parte dei sindaci del fatto che gli amministratori commettessero fatti di bancarotta.
All’opposto, se il sindaco è assicurato, potrebbe esserci la tentazione di non qualificare le azioni come dolose poiché il dolo esclude la copertura. Il rischio è quindi che vengano qualificate come dolose condotte di sindaci con patrimoni capienti e colpose quelle di chi è assicurato.