Dal Sole24Ore.
La giurisprudenza di merito torna a confrontarsi con la questione della compatibilità del percorso della composizione negoziata della crisi (cnc) con un piano di natura sostanzialmente liquidatoria, laddove il debitore si presenti sin dall’inizio del percorso negoziale senza alcuna concreta possibilità di prosecuzione dell’attività imprenditoriale. E in base a recenti sentenze la giurisprudenza appare più restrittiva: nell’aprile scorso il Tribunale di Verona ha rigettato un’istanza di conferma delle misure protettive nella Cnc proprio in ragione della natura meramente liquidatoria del piano presentato dalla debitrice. Il collegio veneto ha rimarcato che un esito liquidatorio della composizione negoziata è ammissibile esclusivamente ove si verifichino i presupposti del concordato semplificato, ossia qualora le ragionevoli possibilità di conseguire il risanamento, sussistenti al momento dell’instaurazione delle trattative, si rilevino successivamente irrealizzabili a causa della sopravvenuta impraticabilità delle soluzioni prospettate.
Questo orientamento sembra in fase di consolidamento tra i giudici di merito. La chiusura alla composizione liquidatoria ab initio è stata infatti recentemente ribadita dal Tribunale di Bologna (decreto del 30 aprile 2025), cui la ricorrente ha nuovamente sottoposto la questione della percorribilità della Cnc in caso di assenza della continuità d’impresa, neppure in forma indiretta.
I giudici bolognesi hanno evidenziato che alla composizione negoziata non può avere accesso l’imprenditore che intenda proporre un piano meramente liquidatorio, neanche laddove esso rappresenti una soluzione migliorativa rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.