sindaci: con la responsabilità limitata sorgono problemi di ‘coerenza’


Dal Sole24Ore.

Limitato il danno da culpa in vigilando dei sindaci che, in caso di condotta colposa, anche relativa all’attività di revisione legale, risarciscono limitatamente a un tetto calcolato come multiplo del compenso percepito; e prescrizione in cinque anni dal deposito della relazione dell’azione di responsabilità. Questi i punti approfonditi dalla circolare 18 di Assonime divulgata ieri, che analizza il nuovo articolo 2407 che ha significativamente cambiato il regime di responsabilità dei sindaci. 

È stata eliminata la responsabilità solidale automatica con gli amministratori e introdotto un tetto massimo al risarcimento dovuto, in caso di violazione colposa dei doveri, parametrato al compenso percepito (15 volte fino a 10.000 euro, 12 tra 10.000 e 50.000, 10 volte oltre 50.000). L’obiettivo dichiarato è quello di correlare in modo più stretto le funzioni di controllo effettivamente svolte dai sindaci con la loro esposizione patrimoniale. Scelta che, a parere di Assonime, solleva rilevanti problemi di coerenza. Il nuovo regime è, infatti, differente da quello previsto per altre figure con compiti analoghi (i revisori legali), che ancora oggi non beneficiano di alcun limite di responsabilità, pur svolgendo funzioni sostanzialmente comparabili. È comunque già in discussione un progetto di legge che estende il tetto anche ai revisori. 

Squilibri si riscontrano nei sistemi di amministrazione alternativi: nel modello dualistico il consiglio di sorveglianza continua a rispondere in via solidale illimitata e, nel modello monistico i membri del comitato per il controllo sulla gestione sono soggetti al regime generale dell’articolo 2392, quello degli amministratori. Nel sistema tradizionale si crea un’asimmetria tra sindaci e amministratori non esecutivi che, pur svolgendo una funzione essenzialmente di monitoraggio e disponendo di poteri informativi inferiori, non godono di alcuna limitazione di responsabilità.

Assonime si sofferma sulla responsabilità del collegio sindacale quando svolge anche il ruolo di organismo di vigilanza (Odv) ex Dlgs 231/2001. In linea generale, l’Odv è considerato un ufficio interno dell’impresa, normalmente non soggetto a responsabilità civile autonoma. Tuttavia, quando il collegio sindacale cumula le due funzioni, le due sfere di attività tendono a sovrapporsi. In questi casi, l’inadempimento di obblighi di vigilanza sul modello organizzativo – che è parte integrante del sistema di controllo interno – può tradursi anche in una violazione dei doveri tipici del sindaco, generando responsabilità ex articolo 2407.

Quando la condotta dannosa del sindaco deriva dalla violazione dei propri doveri in relazione a comportamenti degli amministratori, continueranno ad applicarsi i principi giurisprudenziali sull’omessa vigilanza, pur in assenza della solidarietà automatica con gli amministratori.

Sul punto la dottrina è divisa: taluno ritiene che la riforma abbia eliminato ogni responsabilità solidale con gli amministratori, salvo il dolo; altri sostengono che la solidarietà rimane possibile ai sensi dell’articolo 2055 del Codice civile per tutti coloro che con condotte autonome abbiano concorso al medesimo danno, con la sola differenza che per i sindaci, in assenza di dolo, l’ammontare del risarcimento è limitato al tetto previsto…

La riforma introduce, inoltre, un termine di prescrizione di cinque anni dal deposito, secondo Assonime, presso il Registro delle imprese, della relazione del collegio sull’esercizio in cui il danno si è verificato. Si tratta di una deroga al principio generale secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il danno e la condotta illecita sono conoscibili, con l’obiettivo di evitare azioni troppo tardive. Tuttavia, la dottrina prevalente ritiene che questo termine valga solo per l’azione sociale di responsabilità, mentre per le altre azioni continuano a valere le regole generali. Termine che ha natura sostanziale e quindi si applica solo alle condotte successive.

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