errori contabili: è ancora tutta da chiarire la rilevanza fiscale


Dal Sole24Ore.

La questione della rilevanza fiscale delle correzioni di errori contabili costituisce un chiaro esempio di nodo interpretativo tuttora oggetto di confronto.

La disciplina fiscale 

L’articolo 83 del Tuir, come riformulato dal Dl 73/2022 e dalla legge di Bilancio 2023, rappresenta oggi il perno normativo attorno al quale ruota la disciplina della rilevanza fiscale delle correzioni degli errori contabili. La disposizione è rivolta ai soggetti che redigono il bilancio applicando il principio della derivazione rafforzata e che lo sottopongono a revisione legale: Ias adopter, soggetti Oic (anche in forma abbreviata) e microimprese che redigono il bilancio ordinario.

In sintesi, la correzione degli errori contabili assume rilevanza fiscale nell’esercizio in cui la rettifica è effettuata, senza necessità di presentare dichiarazioni integrative relative ai periodi d’imposta precedenti. La logica sottesa è semplificativa e mira a superare la rigidità del principio di competenza fiscale in senso stretto.

Una lettura estensiva

Secondo l’Oic 29, le tipologie di errore contabile possono distinguersi in:

errori di competenza;

errori di qualificazione;

errori di quantificazione. 

Il quarto periodo dell’articolo 83 del Tuir, letto testualmente, sembrerebbe riferirsi esclusivamente agli errori di competenza. Tuttavia, la recente risposta 63/2025 dell’agenzia delle Entrate ha adottato un’interpretazione estensiva, riconoscendo la rilevanza fiscale anche agli errori di qualificazione e di classificazione.

Nulla è stato ancora espresso in via ufficiale, invece, in merito alla rilevanza fiscale degli errori di quantificazione, lasciando così aperto un profilo interpretativo tuttora incerto.

L’analisi della risposta 63/2025 è interessante sotto vari punti di vista. È stata confermata una lettura più ampia, riconoscendo rilevanza fiscale a un errore di classificazione e qualificazione di un bene strumentale erroneamente iscritto tra i costi e non tra le immobilizzazioni. Le Entrate ammettono che la correzione produca effetti fiscali nel bilancio 2023 (anno di revisione) anche se l’errore era stato commesso nel bilancio 2022 (e anche se questo non è stato oggetto di revisione). 

Errori pro contribuente

L’Agenzia considera inseriti nella nuova procedura di semplificazione anche i casi di errori “a sfavore” dell’Erario. La correzione analizzata nella risposta, infatti, comportava la posticipazione della tassazione. Nel 2022 la società aveva dedotto l’intero costo del bene, mentre con la correzione ha rinunciato alla deduzione immediata in favore di quote di ammortamento.

Ciò implica che anche errori pro contribuente (cioè che spostano l’imposizione in avanti) possono costituire errori contabili emendabili senza integrativa, purché rispettino i criteri Oic. 

I profili sanzionatori

Ma la vera svolta introdotta dal nuovo articolo 83 riguarda il superamento del rischio sanzionatorio per dichiarazione infedele: prima della riforma, l’omessa tassazione nel periodo corretto, anche se successivamente sanata con una dichiarazione integrativa, esponeva comunque il contribuente alle sanzioni per infedeltà dichiarativa.

Con la nuova disciplina, invece, la rilevanza fiscale nell’anno di correzione – ove effettuata nel rispetto dei principi contabili e nei bilanci revisionati – sana ex lege l’errore, escludendo l’infedeltà della dichiarazione originaria e i conseguenti profili sanzionatori. 

Gli errori non sanabili

Oltre al silenzio delle Entrate in merito alla rilevanza fiscale degli errori di quantificazione, sono sicuramente da escludere dagli errori contabili emendabili senza integrativa gli errori di natura valutativa e quelli di pura rilevanza fiscale. 

Si ricorda altresì che non possono avere effetto fiscale le correzioni di componenti negativi di periodi d’imposta per cui è scaduto il termine per l’integrativa. Al contrario, assumono sempre rilevanza fiscale le componenti positive emergenti in bilancio anche oltre quel termine.

Ecco alcuni esempi di errori che l’Agenzia non riconosce come sanabili, ma che la dottrina considera coerenti con la riforma:

rettifica di ricavi iscritti per errore, trattati dall’Agenzia come perdite su crediti (risposta 3/2023); 

componente positivo rilevato in un esercizio successivo senza integrativa, escluso dal calcolo Ace secondo l’Agenzia (circolare 33/E/2022, paragrafo 3.2).

La prova della correzione

Permane, infine, il tema della certezza dell’avvenuta correzione: per alcuni l’unico documento rilevante è il bilancio approvato; per altri, valgono anche le scritture contabili preventive, se attendibili. 

Questi casi testimoniano una tensione ancora irrisolta tra funzione semplificativa e persistente formalismo interpretativo da parte dell’amministrazione.

Resta quindi spazio per un intervento chiarificatore

Previous oic: i bilanci intermedi vanno redatti come quelli d'esercizio
This is the most recent story.