Dal Sole24Ore.
Escludendo le previsioni di cassa relative ai trasferimenti regionali, statali e comunitari, i cui tempi di erogazione non di rado sono incerti e incidono, a volte in misura significativa, sulla corretta programmazione dei flussi di cassa, il problema della fondatezza dei dati di cassa inseriti nei documenti di programmazione resta tale anche dopo l’obbligatoria adozione (articolo 6 del Dl 155/2024) del nuovo documento sul piano dei flussi di cassa contenente il cronoprogramma trimestrale dei pagamenti e delle riscossioni relativi all’esercizio di riferimento.
In realtà, non è raro che nel mondo delle autonomie locali vi siano casi nei quali le previsioni di cassa inserite nel bilancio di previsione sono frutto del programma di contabilità adottato e, semplicisticamente, sono calcolate quasi come mera sommatoria delle previsioni dei residui e della competenza. Analogamente per i riporto dei dati nel piano annuale dei flussi di cassa.
È indiscutibile, invece, che una corretta pianificazione dei flussi di cassa e il loro monitoraggio periodico siano essenziali in qualsiasi azienda, pubblica o privata.
Negli enti locali ha importanza strategica sia per garantire la sostenibilità finanziaria dell’ente sia per evitare blocchi o sospensioni nell’attuazione di interventi progettuali per mancanza di cassa e, ancora, anche ai fini del rispetto dei tempi di pagamento, obiettivo della riforma abilitante 1.11. del Pnrr.
Con queste premesse, è ragionevole che a qualcuno sia sembrato minimale che l’obbligatoria adozione del piano annuale dei flussi di cassa (dall’anno 2025) sia stata motivata esclusivamente con il «fine di rafforzare le misure già previste per la riduzione dei tempi di pagamento». Ben accetta, quindi, dal prossimo esercizio 2026, in forza di quanto previsto dal ddl di riforma della contabilità, l’attenzione che fra gli strumenti di monitoraggio dei conti pubblici sarà posta alla elaborazione dei conti periodici (infrannuali) di cassa.