Concordato revocato se il piano contiene dati incompleti o inesistenti


Dal Sole2Ore.

Rappresentare consapevolmente nel piano quote di patrimonio inesistenti comporta la revoca del concordato preventivo. Lo conferma il Tribunale di Milano, che nella sentenza n. 331 del 22 aprile scorso, ribadisce il diritto dei creditori ad una informativa trasparente e veritiera, che consenta loro di votare consapevolmente la proposta.

La compressione dei diritti che i creditori subiscono nel concordato, in cui le azioni individuali sono inibite e l’entità del credito incassabile ridotta, agevola senz’altro la soluzione della crisi, ammesso che ve ne siano i presupposti, ma richiede che ai creditori sia consentito di votare disponendo di tutte le informazioni necessarie. In più, precisa il Tribunale di Milano, i dati che in corso di procedimento si rivelassero diversi da quelli ipotizzati a piano possono compromettere la struttura stessa della proposta. In entrambi i casi il tribunale non può che accertare i presupposti della revocabilità della procedura previsti dall’articolo 106 del Codice della crisi e dell’insolvenza.

Nella vicenda su cui è intervenuto il Tribunale di Milano, una società aveva presentato piano e proposta concordatari in continuità diretta. La proposta prevedeva la distribuzione delle risorse prodotte dalla continuità in modalità diverse: una parte, corrispondente all’importo ricavabile dalla liquidazione, nel rigoroso rispetto della gerarchia delle prelazioni, e la parte eccedente secondo le più flessibili regole della relative priority rule, che consentono di elaborare una proposta ai creditori che offra ai privilegi più elevati una soddisfazione solo migliore, e non anche integrale, rispetto a quelli inferiori.

Nel corso del procedimento il commissario giudiziale aveva verificato, riportandolo nella propria relazione, criticità di tre ordini. In primo luogo il piano non performava come previsto, ed era anzi molto lontano dalle aspettative. Nei primi sei mesi la società aveva prodotto perdite doppie rispetto al previsto, e il fatturato stentava. Era quindi improbabile che le proposte ai creditori potessero essere rispettate. In secondo luogo alcune appostazioni nel bilancio dell’esercizio precedente apparivano scorrette, se non false. L’importo delle fatture da emettere era enorme rispetto al passato e si chiudeva contabilmente in modo anomalo, in parte con emissione, quasi un anno dopo, di una singola fattura a favore di società controllata, e in parte con sopravvenienze passive. Sembrava proprio che questi crediti non fossero mai esistiti, e che fossero stati rappresentati solo per dissimulare la reale consistenza del patrimonio, già allora ampiamente negativo.

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