Confprofessioni: aumentano i redditi medi di alcune categorie e crescono le donne tra i liberi professionisti (36%)


Two businesswoman having a meeting in the office

(ANSA) – ROMA, 16 DIC – A partire dal 2017 “i redditi medi delle professioni ordinistiche riprendono a salire, stabilizzandosi al 2018-2019 sui 35.500 euro, valore comunque inferiore a quello che si registrava nel 2010 (pari a circa 37.300 euro)”.

Lo si legge nel Rapporto di Confprofessioni presentato oggi  al Cnel; le cifre, si precisa, sono basate sui dati forniti dall’Adepp, l’Associazione degli Enti previdenziali privati e privatizzati. “Comparando i redditi medi dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell’Inps con quelli dei professionisti che versano i contributi alle Casse previdenziali private, si evidenzia un divario importante (di circa 10.000 euro) a favore di questi ultimi: nonostante la contrazione dei redditi abbia agito in misura più forte sulle professioni ordinistiche, le differenze in termini di profitti permangono sostenute”, viene spiegato. A fronte di situazioni contraddistinte da una crescita reddituale sostenuta – quali ad esempio la Cassa dei veterinari, l’Enpav, (+24,7% tra 2009 e 2019), di quella del Notariato (+24,2% nello stesso periodo per i notai) e dei periti industriali, Eppi, (+13,7%) – si registrano professioni caratterizzate da una marcata contrazione delle entrate: è il caso tra gli altri degli agrotecnici (-33,4%) e degli infermieri (-32,0%), ma anche degli avvocati (-18,4%)”, recita lo studio. “Nel periodo più recente (2014-2019) i gruppi professionali che individuano una persistente riduzione dei redditi sono i ragionieri, gli agrotecnici, i periti agrari, gli infermieri e i giornalisti e pubblicisti. Il folto gruppo degli ingegneri e degli architetti appare, invece, negli ultimi anni in ripresa (+10,4%), così come i geometri (+9,4%) e l’ampia categoria degli avvocati (+3,4%).
    Va, infine, segnalata l’intensa crescita reddituale sperimentata nel periodo più recente dai consulenti del lavoro (+33,4%)”, sottolinea il Rapporto di Confprofessioni che ha analizzato anche l’ambito delle libere professioni, focalizzando l’attenzione sulla composizione in base al sesso: ebbene   gli uomini si attestano “sul 64,4% e le donne rappresentano il 35,6% del totale nel 2020”, malgrado ciò, se si guarda alla composizione di genere del 2009 – quando la componente femminile costituiva “soltanto il 28% della platea – è possibile apprezzare la tumultuosa trasformazione in atto in questo universo occupazionale”: la crescita negli ultimi 10 anni nel comparto, infatti, “ha riguardato entrambi i generi, ma le donne hanno avuto un ruolo di primo piano”, giacché la ‘quota rosa’ della libera professione conta, lo scorso anno, circa 165.000 unità in più, rispetto al 2010.

Si tratta, viene argomentato nel dossier, di un risultato “frutto di una progressione continua e sostenuta, che incontra una battuta d’arresto solamente nel 2020, nella congiuntura segnata dal Covid-19, che ha comportato un calo occupazionale del 3,2%, pari a circa 17.500 posizioni di lavoro in meno, a carico della popolazione professionale femminile”. Inoltre, si sottolinea, la presenza delle donne appare in crescita in tutti i settori e risulta particolarmente intensa nell’area della “Sanità e assistenza sociale”, che vede ormai una prevalenza della componente femminile (53,1% al 2019, con un lieve calo al 2020, quando si porta al 52,8%). E “anche nelle professioni legali la parità di genere è ormai raggiunta, con un’incidenza femminile pari al 49% nel 2020”. (ANSA).

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