Enti locali: la revoca del revisore legale non viene decisa dal Viminale


Su ItaliaaOggi una esaustiva disamina delle procedure legate all’incarico di revisore legale negli enti locali, dopo un parere espresso dal Ministero dell’Interno diffuso nei giorni scorsi. Il legislatore ha previsto che l’assegnazione del revisore all’ente locale avvenga mediante procedura di estrazione del candidato ad opera del ministero dell’interno, senza avere attribuito ulteriori poteri, come quello di revoca, che restano in capo al solo ente locale. Se il revisore, alla sua prima nomina, pensa di sollevarsi da responsabilità, producendo pareri non favorevoli, non ha considerato che in tal modo la sua responsabilità resta identica, dovendo egli eseguire in maniera adeguata e professionale la funzione di vigilanza, ovvero quella di non omettere di segnalare eventuali gravi alterazioni contabili e irregolarità delle procedure. Sono queste le indicazioni del Viminale contenute nel parere del 13 dicembre 2021.

La richiesta dell’ente locale

Il sindaco di un comune ha chiesto al ministero dell’interno la risoluzione del conflitto creatori con il revisore dei conti, ovvero la possibilità di procedere alla revoca dell’incarico mediante estrazione di altro professionista. L’ente, infatti, ha lamentato che il revisore avrebbe posto in essere comportamenti poco collaborativi esprimendo la volontà, di continuare a rendere pareri non favorevoli, per non incorrere in eventuali responsabilità personali.

La risposta del Viminale

I tecnici ministeriali hanno evidenziato al sindaco, in via preliminare, come la legislazione sulla revisione contabile sia rimasta immutata rispetto al passato, con la sola eccezione che i revisori dei conti degli enti locali siano scelti mediante estrazione a sorte da un apposito elenco istituito presso il Ministero dell’Interno. Quest’ultima attività operativa non attribuisce, tuttavia, alcun potere di intervento atto a dirimere situazioni conflittuali tra amministrazione comunale e organo di revisione o addirittura a sollevare dall’incarico il revisore inadempiente, così come richiesto dal Sindaco. In altri termini, continua a rimanere nella competenza dell’ente ogni aspetto riguardante il funzionamento dell’organo, come disciplinato dalla citata normativa, compresa l’adozione degli eventuali provvedimenti in presenza delle inadempienze previste dall’articolo 235, comma 2, Tuel. Il fatto che il revisore esprima pareri negativi o non favorevoli, tuttavia, non rientra tra le cause di revoca del suo mandato. Il revisore è, infatti, chiamato ad emettere un giudizio in merito alla regolarità contabile, finanziaria ed economica, formulando rilievi, rilevando eccezioni, esprimendo considerazioni, avanzando proposte che possono sfociare anche in pareri non favorevoli che, però devono essere ben motivati e circostanziati. In caso di pareri sfavorevoli, il compito del revisore sarà quello di relazionare all’organo consiliare le debolezze riscontrate nelle procedure amministrative, indicare le criticità rilevate fornendo anche le misure da adottare per sanare o ridurre tali aspetti negativi. D’altra parte la sua funzione di vigilanza è stata rinforzata rispetto a quella di collaborazione. Il giudice penale (Cassazione sentenza n.33843/2018), ha sanzionato (falso ideologico) la condotta del revisore che, in qualità di pubblico ufficiale, non ha adeguatamente vigilato sui bilanci consuntivi e preventivi fornendo pareri positivi nelle proprie relazioni, nonostante gravi e reiterati artifici ed errori contabili che alteravano e dissimulavano la reale consistenza della crisi finanziaria dell’ente. Pertanto, l’inesperienza del revisore al suo primo incarico, così come evidenziato dal sindaco, non può assolutamente essere motivo per rendere pareri negativi, non giustificati e motivati, in quanto anche tale modo di operare potrebbe determinare dirette responsabilità in capo al revisore.

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