crisi d’impresa: il valore economico aggiunto diventa una efficace spia


Da ItaliaOggi.

Sono 9.162 le liquidazioni giudiziali registrate nel corso del 2024, un valore in forte crescita (+19,7%) rispetto al 2023. È quanto emerge dall’analisi sulle liquidazioni giudiziali realizzata da Cribis, aggiornata a dicembre 2024. In tale contesto, l’Economic value added (Eva, Valore economico aggiunto) può rappresentare un indicatore chiave per anticipare crisi finanziarie e tracciare strategie correttive.

Eva: una misura avanzata della performance aziendale

 L’Eva è una misura della creazione o distruzione di valore che un’azienda genera, considerando non solo i profitti operativi ma anche il costo del capitale impiegato. A differenza di altri indicatori come Ebit, Ebitda o Roe, l’Eva offre una visione più realistica della sostenibilità finanziaria, integrando sia il capitale proprio che quello di terzi.

La formula operativa è: Eva=Nopat−(Wacc×CapitaleInvestito)

dove:

  • Nopat (Net operating profit after taxes) rappresenta il reddito operativo netto dopo le tasse;
  • Wacc (Weighted average cost of capital) è il costo medio ponderato del capitale;
  • Capitale investito (Ic) rappresenta le passività patrimoniali che coincidono con le fonti durevoli di finanziamento (capitale di proprietà e debiti finanziari), con opportune correzioni che tengono conto di riserve contabilmente camuffate come fondi, nonché della valutazione del magazzino con criterio Lifo.

La capacità di remunerare il capitale investito si ottiene calcolando un reddito operativo opportunamente rettificato, escludendo quelle voci di costo che non comportano uscite di denaro (per esempio, il reddito è considerato al lordo degli ammortamenti relativi agli asset immateriali, ma al netto degli ammortamenti sull’attivo fisso). In altre parole, si tratta di una misura particolare di cash earning (guadagno in contanti), in cui il termine indica generalmente un reddito privo degli oneri non monetari, rappresentando così una via di mezzo tra il risultato economico e i flussi di cassa operativi.

La capacità di remunerare il capitale investito può essere determinata utilizzando il Nopat (Net operating profit after taxes). Questa configurazione di reddito si presenta come il reddito monetariamente disponibile per i finanziatori dell’impresa ed è ottenuta dall’Ebitda (Earnings before interest, taxes, depreciation and amortization; Utile ante imposte, oneri finanziari, svalutazioni e ammortamenti) dalla quale vengono sottratte le imposte effettivamente pagate durante l’esercizio.

Il prodotto tra Ic e Wacc fornisce in termini monetari il margine minimo richiesto all’impresa per remunerare adeguatamente gli apportatori di capitale. Possiamo quindi avere tre casi:

  1. Eva = 0, cioè Nopat = IcxWacc. In questo caso, l’impresa genera un margine netto operativo appena sufficiente per remunerare i portatori di capitale. Il management ha raggiunto l’obiettivo minimo dichiarato, senza però riuscire a creare valore aggiuntivo;
  2. Eva > 0, cioè Nopat > IcxWacc. In questa situazione, l’impresa riesce a generare un margine netto operativo superiore alle aspettative di azionisti e finanziatori. La direzione aziendale ha ottenuto un risultato che non solo soddisfa il rendimento minimo richiesto, ma contribuisce anche alla creazione di valore aggiuntivo;
  3. Eva < 0, cioè Nopat < IcxWacc. In questo scenario, l’impresa non è in grado di generare un margine netto operativo sufficiente per remunerare gli apportatori di capitale. Il rendimento minimo richiesto risulta superiore ai risultati ottenuti. Di conseguenza, la governance non è riuscita a soddisfare le aspettative di azionisti e finanziatori, e il risultato, pur eventualmente positivo, comporta una distruzione di valore.

Come fare una diagnosi finanziaria

 La prassi professionale ritiene che un Eva negativo persistente sia spesso un precursore di crisi aziendali. Dall’analisi dei “fallimenti” di alcune aziende italiane è emerso come l’Eva sia stato in grado di anticipare situazioni di dissesto finanziario con maggiore precisione rispetto ai classici indicatori di bilancio. A differenza degli indici contabili tradizionali (come Ebit, Ebitda, Roe, Roi, Roa), che si limitano a esaminare la redditività dell’azienda, l’Eva incorpora il costo del capitale. Questo significa che non basta avere un risultato positivo per affermare che l’azienda stia creando valore: bisogna verificare se il ritorno sugli investimenti supera il costo delle risorse impiegate. Un Eva negativo indica che l’impresa non sta generando rendimenti sufficienti per coprire il costo del capitale, il che può tradursi in difficoltà nel lungo periodo, limitazioni nell’accesso al credito e perdita di fiducia da parte degli investitori. Tuttavia, l’Eva presenta alcune limitazioni, soprattutto per le aziende con asset intangibili predominanti (es. brevetti, marchi), dove la sua applicazione potrebbe risultare meno efficace. Malgrado ciò, nell’attuale scenario economico, caratterizzato da volatilità e incertezza, l’Eva si conferma come uno strumento imprescindibile per misurare la capacità di un’impresa di generare valore e per intercettare segnali di crisi imminente. L’adozione dell’Eva da parte delle aziende e degli investitori può migliorare la governance finanziaria e ridurre il rischio di crisi aziendale.

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