Dal Sole24Ore.
L’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati è stato a lungo percepito come una disposizione di principio, confinata all’ambito civilistico. Ma l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’ultimo quinquennio ha profondamente modificato il quadro. Con la riforma dell’articolo 2086 del Codice civile, che ha sancito il ruolo cruciale degli assetti anche nella prevenzione della crisi e nella salvaguardia della continuità aziendale, la loro istituzione non è più una mera opzione organizzativa, ma un obbligo giuridico degli amministratori, finalizzato a individuare precocemente segnali di rischio e a reagire in modo tempestivo e documentato.
Le implicazioni sono molteplici. Da un lato, anche le Pmi sono chiamate ad abbracciare una nuova cultura del controllo e della pianificazione. Dall’altro, si rafforzano le tutele nella fase patologica dell’insolvenza, con possibili ricadute sanzionatorie in caso di mancata adozione di misure idonee. Ma cosa accade se questo obbligo viene disatteso?
Le pronunce di merito convergono nel ritenere che l’omessa adozione di assetti adeguati non costituisca un’irregolarità meramente formale, ma un vero e proprio indice sintomatico di negligenza gestionale. In particolare, qualora tale omissione abbia compromesso la capacità dell’impresa di individuare tempestivamente segnali di crisi e, di conseguenza, contribuito all’aggravamento del dissesto, alla responsabilità civilistica potrebbe aggiungersi quella penale.