Dal Sole24Ore.
Il contesto economico attuale impone agli organi societari l’adozione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa, al fine di rilevare tempestivamente i segnali della crisi. L’amministratore che non vi provveda commette una violazione gestoria che – oltre a costituire fonte di responsabilità ai sensi dell’articolo 2086 del Codice civile – può certamente esporlo al rischio di iniziative processuali da parte dei soggetti legittimati, come la denuncia ex articolo 2409 del Codice civile.
Se, infatti, non può certo attribuirsi all’amministratore – in virtù della business judgement rule, salvi comportamenti irragionevoli o violazioni di leggi, soprattutto tributarie (Cassazione, n. 8069/2024) – la responsabilità per l’adozione di scelte gestionali rivelatesi ex post errate, gli si può, al contrario, imputare, con criterio di valutazione ex ante, la colpa di non aver saputo tempestivamente rilevare i segnali di una crisi incombente. In questa prospettiva, la giurisprudenza di merito si è più volte interrogata sulla riconducibilità del socio tra i soggetti legittimati a tutelare la continuità aziendale ogni volta che l’inerzia dell’organo gestorio possa metterla in pericolo.
Sul punto, merita di essere segnalato il recente provvedimento con cui il Tribunale di Venezia (decreto 26 agosto 2025) ha stabilito che, ove emergano carenze organizzative tali da esporre l’impresa a rischi gestionali o patrimoniali, anche il socio può attivarsi per chiedere la nomina di un ispettore (strumento altamente invasivo), affinché esso provveda a esaminare la situazione societaria, a vagliare l’esistenza di eventuali irregolarità e a riferirle al tribunale all’esito delle indagini…