Il piano di sostenibilità di una impresa e le modalità nella vigilanza del collegio sindacale e dei revisori


Da Euroconferencenews.it

La sostenibilità sta evolvendo il fare impresa.

Sta entrando ed entrerà sempre di più nella gestione aziendale, nei suoi processi amministrativi e produttivi, attraverso l’individuazione dei KPI “ESG”, che dovranno essere rilevati, monitorati e rendicontati.

Un’azienda sarà sostenibile quando il piano industriale, quello economico-finanziario per intenderci, sarà predisposto anche come piano di sostenibilità.

Il che vuol dire fare una valutazione di un investimento non solo in ottica finanziaria (valutazione della capacità di investimento e/o finanziamento con relativa valutazione prospettica di “rientro”), ma anche di impatto ambientale.

Il classico esempio è quello relativo all’investimento legato all’impianto fotovoltaico.

Lo stanno facendo tutti, o quanto meno lo hanno già fatto in molti.

Non tanto per una questione di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma quanto per i risparmi in termini finanziari, controllo del costo dell’energia e ottenimento di incentivi regionali e/o europei.

Comunque, essere sostenibili è un concetto che, espresso in termini economico-finanziari, vuol dire essere in equilibrio, ovvero avere sotto controllo tutti gli aspetti aziendali in egual misura.

Portare e mantenere in equilibrio l’azienda significa metterla a regime.

Far sì che le vendite siano supportate da un idoneo processo produttivo, che quest’ultimo sia reso efficiente da una coerente politica degli approvvigionamenti e che questa sia massimizzata dalla ricerca e sviluppo, vuol dire dotare l’azienda di quell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile che ogni amministratore deve istituire per gestire la propria impresa.

Ovviamente, tutto quanto ciò sopra indicato in termini di processo economico deve risultare in equilibrio anche in termini di processo finanziario.

La sostenibilità allarga la visuale al rispetto dell’ambiente, agli aspetti sociali interni ed esterni all’azienda, nonché all’etica e al dovere di diligenza aziendale in capo alla governance.

L’equilibrio non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Esso deve essere mantenuto nel tempo e il concetto di sviluppo sostenibile porta con sé ciò, che in economia aziendale viene chiamato “principio di continuità”.

È proprio da qui che anche il sindaco unico o il Collegio sindacale ovvero la società di revisione o il revisore unico vengono “investiti” da un dovere di vigilanza e controllo in ambito di sostenibilità.

Collegio sindacale, al fine di consentire una corretta e completa rappresentazione nella rendicontazione di sostenibilità, individuale o consolidata, deve vigilare:

  1. affinché la rendicontazione di sostenibilità sia redatta e pubblicata in conformità alle previsioni normative di riferimento («vigenti e che rappresenti in modo veritiero l’impegno della società sui temi ESG»);
  2. sull’adeguatezza del sistema organizzativo, amministrativo («il consiglio di amministrazione e il management [devono integrare] i temi di sostenibilità nelle strategie e nelle decisioni aziendali in coerenza con le policy, gli obiettivi dichiarati ed eventuali clausole statutarie in materia di sostenibilità»);
  3. sull’adeguatezza del sistema di rendicontazione adottato, nonché di quello di controllo interno («adeguato a monitorare i rischi ESG, inclusi quelli relativi a pratiche non sostenibili che possano generare danni reputazionali, legali o economici»);
  4. sulla efficacia del sistema di gestione dei rischi ESG della società («Ciò può includere rischi legati al cambiamento climatico, alle pratiche di lavoro, alla reputazione, alla sicurezza dei prodotti e ad altri fattori che possono influire sulla sostenibilità»), nonché dell’efficacia della revisione interna;
  5. sull’adeguatezza delle informazioni necessarie alla comprensione, sia dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, sia del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione («il collegio ha il compito di vigilare sulla trasparenza, accuratezza e comprensibilità per gli stakeholder delle informazioni sulla sostenibilità divulgate all’esterno»).

Nonché, il Collegio sindacale deve verificare l’esistenza di:

  1. una adeguata struttura organizzativa preposta alla rendicontazione di sostenibilità in termini di risorse umane, economiche e sistemi informativi;
  2. direttive, procedure e prassi operative adottate dalla società allo scopo di garantire che la rendicontazione di sostenibilità sia al tempo stesso tempestiva, completa e attendibile, fermo restando che l’organo d’amministrazione resta responsabile della strutturazione del processo di produzione della rendicontazione di sostenibilità.

Da ultimo, anche il Collegio sindacale delle società non quotate ha degli obblighi relativi alle «questioni gestionali e aziendali di sostenibilità».

La norma di comportamento n. 3.4, rubricata «Vigilanza sulla rendicontazione di sostenibilità» si snoda principalmente su 2 linee operative.

La prima, sulla vigilanza dell’osservanza delle disposizioni stabilite dall’ordinamento in tema di rendicontazione societaria di sostenibilità, nonché processo di formazione e di pubblicazione del report di sostenibilità.

La seconda, sullo scambio di informazioni con il revisore legale incaricato dell’attestazione della rendicontazione di sostenibilità, in ordine alla pianificazione delle relative attività, nonché al livello di estensione dei controlli alle società del gruppo i cui dati sono inclusi nel documento.

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