visto di conformità: il consiglio di stato preclude l’abilitazione ai professionisti non ordinistici che ora si rivolgeranno alla Corte dei Diritti UE


Dal Sole24Ore.

L’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi e Iva spetta in via esclusiva alle professioni ordinistiche e resta invece preclusa ai tributaristi. È quanto prevede la sentenza 8962 del Consiglio di Stato pubblicata il 17 novembre, che conferma la sentenza di primo grado del Tar Puglia, 1192/2022 e respinge l’appello della Lapet (tributaristi).

Il Consiglio di Stato ha escluso un’interpretazione estensiva della norma in materia di soggetti abilitati all’apposizione del visto di conformità, atteso il «carattere tassativo dell’elencazione delle categorie abilitate al rilascio del visto di conformità» in base al Dlgs 241/1997, al Dpr 322/1998.

La sentenza 8962 richiama la precedente pronuncia della Corte costituzionale 144/2024, secondo la quale la riserva di legge nazionale del rilascio del visto di conformità in favore alle professioni ordinistiche tassativamente individuate risponde a ragioni di interesse pubblico, riconducibili all’accertata ontologica differenza tra professioni ordinistiche (soggette a un esame di stato) e professioni che tali non sono. Il giudicato costituzionale ha infatti escluso che la riserva legislativa del rilascio del visto di conformità sia discriminatoria nei confronti dei tributaristi, una professione non ordinistica, soggetta ad un trattamento normativo su base nazionale non assimilabile a quello delle professioni “ordinistiche”.

Per il Consiglio di Stato, inoltre, il diritto Ue consente limitazioni alla libera prestazione di servizi per esigenze di qualità e affidabilità della prestazione, di efficacia dei controlli fiscali e di contrasto all’evasione tributaria.

Soddisfatto il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio: «si tratta di una decisione che ribadisce il valore della nostra professione nel garantire affidabilità, controllo e correttezza nell’interlocuzione con l’amministrazione finanziaria».

Per il presidente della Lapet Roberto Falcone la questione resta aperta perché, sostiene, non è stata affrontata alla luce del test di proporzionalità; per questo l’associazione intende rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo.

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