Esdebitazione: le regole del nuovo Codice della crisi non possono ancora valere


Precisazione in un articolo del Sole24Ore: le norme sul sovraindebitamento, contenute nel nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, non sono in vigore, e dunque non possono essere considerate come “orientative” dal giudice in un procedimento di esdebitazione.

La Cassazione (sentenza 7775) respinge il ricorso contro il no al beneficio chiesto dai soci di una società in nome collettivo fallita.

Un verdetto giustificato dalla sproporzione tra quanto realizzato con la liquidazione del patrimonio e l’indebitamento della società: pari solo al 3 per cento.

L’ostacolo era nell’articolo 142 comma 2 della legge fallimentare, che nega l’accesso alla procedura se non sono stati soddisfatti neppure in parte i creditori concorsuali. Nello specifico i creditori privilegiati avevano ottenuto il 58,25%, mentre non c’era stata soddisfazione, neppure parziale, dei chirografari.

Senza successo, i ricorrenti invocano le più favorevoli norme previste dal nuovo Codice della crisi (Dlgs 14/2019). E, in particolare l’articolo 280, che non contiene disposizioni assimilabili alla legge fallimentare. L’articolo 280 elenca, infatti, solo i requisiti negativi che impediscono di accedere all’esdebitazione.

La difesa dei ricorrenti valorizza anche l’indicazione del legislatore che nega la possibilità di applicare, anche in via transitoria, la legge fallimentare all’esdebitazione, una volta entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi.

Ma – fa notare la Suprema corte – le procedure sull’esdebitazione non sono tra quelle con un’operatività anticipata. E l’entrata in vigore del Codice, prevista per il 16 maggio 2022, ha subìto anche un ulteriore rinvio, slittando al 15 luglio 2022, come previsto dall’articolo 37 del Decreto Pnrr.

La data del 15 luglio coincide quasi con l’obbligo di recepimento della direttiva Insolvency fissato per il 17 luglio.

Per la Cassazione le disposizioni del Codice della crisi non sono invocabili per interpretare l’articolo 142, secondo comma della legge fallimentare, perché una legge vigente non può essere “letta” con gli argomenti di una norma non ancora in vigore e quindi suscettibile di modifiche.

Con la sentenza 3575 , nell’ambito di una controversia sul sequestro di beni del fallito, la Cassazione aveva aperto all’utilizzo delle norme del Codice con entrata in vigore differita. Lo slittamento – aveva precisato la Suprema corte – non esclude che norme definitorie possano essere utilizzate per interpretare una norma di immediata applicazione contenuta in un’altra legge.

Facendo rientrare tra le norme definitorie anche quelle che dettano principi generali o definiscono la funzione di un istituto.

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